venerdì 18 maggio 2012

Dominanza: facciamo il punto










Ho felicemente accolto l’articolo che Marc Bekoff, pioniere dell’etologia cognitiva e scienziato di fama internazionale, mi ha chiesto di tradurre e pubblicare in italiano.


Beh, certo, gioco in casa. Ha scritto la prefazione del mio libro, come potrei essere in disaccordo con lui? E infatti non lo sono. Chi partecipa ai miei corsi e mi segue sa che non rifiuto il concetto di dominanza. Piuttosto rifiuto il modo in cui è stato utilizzato per giustificare l’addestramento del cane a suon di strattonate.


Allora perché questo articolo? Perché purtroppo, col fatto di essere così sensibile ed empatico nei confronti dei cani, so per certo che qualcuno potrebbe pensare che io alla dominanza non ci credo. Anche quando sul mio libro c’è scritto nero su bianco che la dominanza esiste.


Ciò che non esiste è la violenza e certi atteggiamenti da despota nel mio modo di intendere l’educazione del cane, il training o di intervenire sui problemi di comportamento (anche e soprattutto se si tratta di aggressività).



Il pericoloso, improprio, utilizzo della parola “dominanza”


Come molti colleghi, alcuni dei quali trainer di fama internazionale (I. Dunbar, J. Fisher, T. Rugaas, per citarne alcuni), sono preoccupato dal fatto che alcuni addestratori utilizzino la teoria della dominanza come scusa per sottomettere il cane in modo violento. La stessa preoccupazione che esprime lo stesso Bekoff nel suo articolo:


“…l’uso improprio del concetto di dominanza può portare, ad esempio, una persona a dominare il cane in maniera violenta (video) e questo non è certo il modo corretto, rispettoso e umano di trattare o educare i nostri migliori amici.”


Il problema quindi è che il paradigma della dominanza è stato spesso usato in modo del tutto errato, cercando di far passare un’impostazione della relazione col cane molto nociva alla relazione stessa. Mi è capitato diverse volte di dover intervenire in casi in cui i problemi comportamentali del cane originavano dall’idea che dovesse essere “sottomesso” con la forza, in una relazione in cui affettività, comunicazione e bisogni del cane venivano messi in secondo piano, o addirittura neanche presi in considerazione.


Il concetto errato di dominanza, che ho visto applicare con i miei occhi, vedeva cani presi a calci, strattonati, picchiati e maltrattati psicologicamente; e conduttori innervositi dal fatto che il loro cane “non ascoltasse” o che mettesse in discussione il loro ruolo di capo. Pensavano, a torto, che ogni comportamento “errato” derivasse da un problema di dominanza:
Il tuo cane salta addosso? E’ dominante
Tira al guinzaglio? E’ dominante
Ti distrugge casa mentre sei via? E’ dominante
Non esegue un tuo comando? E’ dominante


Ebbene ognuno di questi problemi origina spesso da cose che con la dominanza non hanno nulla a che fare (nell’ordine potrebbe essere che il cane salta addosso per mancanza della competenza di autoregolazione, tira perché è terrorizzato, distrugge casa per ansia e non ascolta perché non sai comunicare o ha paura di te). Ergo:


La dominanza non è la chiave di lettura appropriata di ogni interazione sociale.


Eppure alcuni addestratori lo rifiutano. E’ un errore che deriva dal prendere in modo scanzonato lo studio del comportamento e della mente degli animali, e del cane in particolare, pensando sia superfluo, una roba da filosofi e intellettuali. Guardi cosa fanno i cani dal vivo e pensi di sapere tutto. Ma la verità è che questo non basta, come ogni persona intelligente può capire. Integrare lo studio alla pratica, accresce enormemente le proprie competenze. Non è un caso che i trainer di cani più accreditati nel mondo siano anche grandi studiosi, quando non addirittura scienziati (Karen Pryor, ne è un esempio).


I cinofili più aggiornati, in tutto il mondo, preoccupati dall’errato utilizzo della dominanza hanno lottato molto negli ultimi anni perché questo concetto potesse essere rivisitato e meglio compreso.
Lo studio di David Mech sul lupo artico


Insieme a molti miei colleghi, oggi invito a riflettere spesso facendo riferimento a questa pubblicazione di David Mech (clicca qui per scaricare la versione in italiano). Sottolineo di seguito i punti focali di questo importante studio:
Si osserva un comportamento sociale diverso nei lupi che vivono in branchi assemblati (creati ciò con l’intervento umano in riserve naturali) rispetto ai lupi che vivono in branchi naturali
I primi vivono più frequenti occasioni di competizione, conflitto, aggressività e sottomissione passiva. I secondi sono più pacifici e la sottomissione è attiva
Nei lupi che vivono in branchi naturali parlare di dominanza è superfluo, come lo sarebbe dire nei rapporti umani vi è un “genitore dominante”: è scontato che un genitore sia dominante rispetto al suo bambino
Non si può parlare di lupo “Alpha”, dato che le dinamiche sono molto complesse (si pensi per esempio alla dominanza situazionale citata da Bekoff nel suo articolo, in cui un individuo che in un contesto di presenta subordinato, in un altro diventa dominante, a seconda, appunto della situazione)


Citando Mech:



“In un branco di lupi in natura, la dominanza non si manifesta rigidamente e sembra avere molto meno significato di quanto risulta dagli studi relativi a branchi di lupi assemblati in cattività (Schenkel 1947, 1967; Rabb e altri 1967; Zimen 1975, 1982; Lockwood 1979).”


Qui un interessante video di David Mech (trascritto e tradotto in italiano) in cui chiarisce il concetto.


Nota bene: ha ragione Bekoff! Mech non dice che la dominanza non esista. Quello che questo articolo porta di nuovo è che secondo lo scienziato essa si manifesta in modo diverso e che non sembri avere un’importanza così significativa nei branchi di lupi in natura, che basano le proprie interazioni su un rapporto di legame genitore-figlio.
I diversi modi di definire il proprio status


Io stesso nel mio libro, Dritto al cuore del tuo cane, scrivo:


<<Le manifestazioni di dominanza e sottomissione servono a stabilire il rango dei soggetti in un gruppo sociale (…). Non possiamo dire che lo status sociale non esista: ogni volta che ci sono risorse da condividere in un gruppo sociale è necessario che si sia un criterio condiviso per la loro distribuzione. Quello su cui vale invece la pena soffermarsi è come costruiamo il nostro status>>.


Nota bene: non negando che lo status sociale esista, affermo invece che:
E’ errato l’utilizzo della “dominanza” come fulcro della relazione col cane
Si può determinare il proprio status sociale in modo più intelligente dell’imporsi con l’aggressione, esattamente come succede in natura


Come l’etologo Irenaus Eibl-Eibesfeldt che, già nel 1967, ne “I Fondamenti dell’Etologia”, faceva distinzione fra “dominazione” e “leadership”:


<<Se una gerarchia si basa esclusivamente sull’aggressione, si parla didominazione (…). Nei mammiferi superiori sociali (…) si riscontrano anche altre caratteristiche. Il soggetto dominante risulta tale non tanto per la sua aggressività, quanto per la sua capacità di sedare i conflitti, proteggere il debole, respingere il nemico, assumere iniziative, organizzare l’attività, ecc. (…) Non c’è dominazione, ma leadership>>. (Si veda l’edizione del 1995 di Adelphi, Milano, p. 612).


Inoltre possiamo anche considerare che secondo recenti ricerche il legame cane-essere umano è di gran lunga più assimilabile a quello genitore-figlio che a quello fra un capo e il suo sub-ordinato (Topal, Miklosi, Csanyi e Doka 1998; Prato Previde, Rotta, Spiezio e Poli 2003).


Questo non vuol dire che bisogna trattare i cani come bambini, naturalmente, ma piuttosto che lo status sociale può essere determinato in modo differente dal “sottomettere” imponendosi con la forza e/o l’aggressione. In altre parole una relazione condotta sulla base di una buona comunicazione, gioco, empatia, soddisfacimento dei bisogni del cane, ha una qualità nettamente più alta rispetto a quando la preoccupazione di base è l’esecuzione dei comandi.
Da un eccesso all’altro: il rifiuto del concetto di status sociale


Questo, per inciso, è ciò che ha preoccupato Bekoff e che lo ha spinto a scrivere il suo articolo: il fatto che si negasse l’esistenza della dominanza e dello status sociale.



Quando molti anni fa mi hanno segnalato il libro “Dominanza: Realtà o Mito?” di Berry Eaton, in cui si afferma che la dominanza sia un mito, ne ho ordinato subito una copia. Da allora ne avrò regalate una decina ai miei clienti fissati con la storia della sottomissione del cane (cioè: “se non fai ciò che ti dico ti un calcio nel c…”). E’ un libro che indubbiamente fa riflettere, ma che non è riuscito – almeno per quanto mi riguarda – a confutare il fatto che tra cani esista una organizzazione basata sullo status sociale.

Terminologia e neurolinguistica: tenere conto di come il linguaggio influenza le nostre attitudini


Le neuroscienze ci dicono che i nostri comportamenti e abilità dipendono dalle nostre rappresentazioni. In altre parole ciò che pensiamo e crediamo, la nostra visione delle cose, influenza il modo in cui reagiamo agli eventi, a livello prima emotivo e poi comportamentale. Utile quindi sapere parole diverse impattano in modo diverso sul nostro sistema nervoso. Il linguaggio determina il modo in cui vediamo la realtà. Per i linguisti il linguaggio crea la realtà individuale. Questo è il motivo per cui quando spiego le interazioni sociali fra cani o fra esseri umani e cani a chi chiede il mio aiuto preferisco usare il termine “dominanza” con “accreditamento” o “status”. Nella mia esperienza, osservando le reazioni non verbali (linguaggio del corpo) dei miei interlocutori ho notato che se uso la parola “dominanza”, c’era chi diventava più goffo, non sentendo di avere la stoffa per interagire correttamente con i cani, perchè per indole rifiutava di doversi imporre su qualcuno. E poi c’era chi assumeva postura e atteggiamenti da macho, punendo il cane per ogni piccola e riducendo la propria empatia.


La parola “accreditamento” invece crea aspettative diverse. Quando la uso le persone afferrano quasi sempre immediatamente che lo status non andrebbe imposto ma guadagnato.

Come detto sopra, anche Eibl-Eibesfeldt differenzia la “dominazione” dalla “leadership”.
Conclusioni


Il complesso concetto di dominanza è stato prima mal interpretato/utilizzato da chi aveva la necessità di giustificare i metodi coercitivi nell’addestramento del cane e poi, all’opposto è stato mal compreso da chi sostiene metodi educativi gentili.


Oggi sappiamo che possiamo benissimo rifiutare il concetto di dominanza intesa come l’imporsi sul cane con metodi coercitivi, come per esempio le strattonate. Mentre sappiamo che non possiamo rifiutarne l’esistenza. Dobbiamo prendere coscienza del fatto che gli etologi considerano la dominanza come il semplice status sociale superiore di un soggetto rispetto a un altro.


Come sempre la ricerca della conoscenza produce oscillazioni di pensiero che vanno da un estremo all’altro e che, sondando il terreno, servono a restringere il campo.


Sono molto felice di avere oggi a disposizione un articolo di Marc Bekoff a sostegno di quello che io e molti colleghi proponiamo da diversi anni: lo status sociale esiste, ma…


Come decidi di impostare le cose? Vuoi sottomettere il cane a suon di urla e strattonate e minare la fiducia che nutre nei tuoi confronti o preferisci aumentare le tue competenze sociali al punto da accreditarti e contemporaneamente aumentare la sua fiduciain te?

martedì 15 maggio 2012

Se lo conosci lo eviti



Ci piace proporre un intervento apparso su http://movimentopandora.org molto interessante







Era davvero necessario che Cesar Millan “impiccasse” l’Husky? – di Marc Bekoff


SCRITTO DA ANGELO VAIRA IL 30 APRILE 2012 · CATEGORIA EDUCAZIONE, SCIENZE COGNITIVE ANIMALI




Ricevo e inoltro da Marc Bekoff…


“Impiccare” un cane con guinzaglio a strangolo per disciplinarlo è maltrattamento animale
Pubblicato il 21 Aprile 2012 da Marc Bekoff, Ph.D. in Animal Emotions
Traduzione a cura di Francesca Grazi e Francesca Parisi


Dato il lavoro che svolgo, ricevo costantemente email che riportano informazioni sempre aggiornate sulla sfera cognitiva ed emozionale degli animali, oltre che sul loro maltrattamento.

Di solito ricevo racconti o video di maltrattamenti avvenuti nei laboratori di ricerca, negli zoo, nei circhi, durante i rodei e negli allevamenti intensivi, ma di tanto in tanto qualcuno mi fa domande che riguardano l’educazione cinofila.

L’anno scorso ho ricevuto un video che mostrava Cesar Millan (il cosiddetto “dog whisperer”) mentre impiccava* un Husky “maleducato” di nome Shadow. Questo modo di trattare un essere senziente mi ha disgustato e, come ho scoperto di lì a poco, quella presunta sessione di “addestramento” aveva fatto inorridire molti altri.

(Per approfondimenti in merito si veda “Pack of Lies” di Mark Derr.)




Quando parlo con i dog trainer e faccio riferimento a questo video la maggior parte di loro concorda sul fatto che mettere un cappio intorno al collo di un cane, strattonarlo fino a sollevarlo da terra e tenerlo appeso a mezz’aria sia un’inutile crudeltà ed una violenza gratuita… e che sarebbero a dir poco sconvolti se qualcuno facesse ciò al loro cane. E anch’io la vedo così.

Ultimamente, tuttavia, ho sentito alcune persone affermare che è corretto “impiccare” un cane se questo necessita di disciplina. Quando mi trovo a confrontarmi con questi individui chiedo loro se tratterebbero così un bambino o un altro essere umano e la loro risposta è un categorico “No, certo che no!”. Bene, e quindi perché permettere che un simile trattamento sia riservato ad un cane? È anche utile domandare se, prima di far questo al proprio amico a quattro zampe o ad un qualsiasi altro cane –o di permettere ad altri di farlo– lascerebbero che qualcuno lo mettesse in pratica su di loro. Se la risposta è no, perché no?

Ecco cosa mi ha scritto un esperto cinofilo in merito allo strangolamento di Shadow:

<< In primo luogo, pare proprio che Millan provochi e prolunghi gli attacchi allo scopo di

strangolare il cane fino a comprimere l’arteria carotide. In secondo luogo, quando lo immobilizza con la mano sembra decisamente fare egli stesso pressione sulla carotide. Se tali osservazioni sono corrette, non c’è da stupirsi che il cane sia sottomesso. Inizio a pensare che anche il suo “speciale” pizzicotto sia diretto alla carotide >>. Se avete il coraggio di guardare il video, vi renderete conto che Shadow non viene “semplicemente” sollevato da terra.

Sicuramente Shadow è stato messo al suo posto ed il livello del trauma subìto è tale da

permetterci di affermare che questo episodio avrà quasi certamente effetti a lungo termine, così come accade ogni volta che un individuo subisce un maltrattamento – intenzionale (come in questo caso) o involontario che sia. Ormai sappiamo che i cani (ed altri animali) che sono stati traumatizzati, nel lungo periodo soffrono di depressione e Disturbo Post Traumatico da Stress, per cui le tecniche di addestramento che causano traumi dovrebbero essere vietate oltre che fermamente contrastate.

Riporto il caso di Shadow per sottolineare come sia necessario stabilire un limite oltre il quale una determinata condotta, pur mirata ad insegnare ai cani a comportarsi correttamente, è da ritenersi inammissibile. Impiccare un cane, o un altro animale, va ben oltre ciò che personalmente ritengo accettabile e se vedessi qualcuno fare una cosa del genere chiamerei immediatamente la polizia.

E immagino che la stragrande maggioranza delle persone farebbe altrettanto.

Bisognerebbe capire perché alcuni pensano che sia giusto trattare così un cane e sarebbe utile parlare con queste persone di come sia possibile utilizzare tecniche non violente anziché ricorrere a metodi basati su dolore e intimidazione. Molti dei professionisti che lavorano con gli animali, sia domestici che selvatici, usano e continuano a svilupparetecniche di addestramento basate sul rinforzo positivo (si veda anche) e tutti coloro che lavorano con i nostri migliori amici dovrebbero seguire questa via. L’addestramento deve tenere in considerazione il fatto che un individuo è in grado di soffrire e provare dolore, anche profondo e persistente.

Come sottolinea Mark Derr: << Trattando adeguatamente aggressività, fobie, ansia e paure fin dall’inizio si possono letteralmente risparmiare tempo e denaro. La soluzione sbrigativa di Millan può andar bene per la televisione e magari in alcuni casi può persino produrre risultati durevoli.

Ma è in netto contrasto con quanto gli esperti di comportamento animale – etologi e veterinari qualificati – hanno appreso [dopo anni di studio ed esperienza] in merito a comportamenti normali ed anomalie comportamentali nei cani. >>

Tutti quegli approcci educativi (solitamente caratterizzati da “soluzioni-tappabuchi” e rimedilampo) che si basano sull’intimidazione e su varie forme di maltrattamento psico-fisico devono essere eliminati dai protocolli di educazione; e per esprimere il nostro dissenso e contestare questi metodi dobbiamo far sentire la nostra voce, ricorrendo ad esternazioni ben più incisive dei semplici bisbigli a porte chiuse.

La saga di Shadow, la sua tristissima storia, ci obbliga a riflettere su chi siamo noi, chi sono loro (gli altri animali) e come dobbiamo trattarli.

I cani si aspettano che li trattiamo con rispetto e dignità e quando sembrano sfidarci e mettono alla prova la nostra pazienza non ci dobbiamo mai dimenticare che sono animali senzienti che dipendono completamente dalla nostra buona volontà. Maltrattarli intenzionalmente e condannarli ad una vita di paura è uno sporco doppio gioco. Significa tradire la loro totale fiducia nella nostra capacità di agire per il loro bene e nel loro interesse. E naturalmente svilisce la nostra stessa dignità.

Il cuore dei nostri compagni animali è fragile, proprio come il nostro: è per questo che dobbiamo essere gentili con loro. Ringraziamoli apertamente e benevolmente per quello che sono e per il loro amore senza filtri e facciamo nostre le lezioni che ci danno sulla passione, la compassione, l’empatia, la devozione, il rispetto, la spiritualità e l’amore: solo così non avremo mai rimpianti né rimorsi ed il nostro cammino sarà pieno di pura gioia nel momento in cui sgombreremo la strada per far posto ad una più completa concezione del rapporto con i nostri compagni cani e con tutti gli altri esseri viventi, fatta di relazioni profonde ed equilibrate basate sulla fiducia. Elliot Katz, fondatore di “In Defence of Animals” [in difesa degli animali], suggerisce di abbandonare il termine “addestramento” e di iniziare ad usare la parola “insegnamento”. Sempre più spesso “addestramento” finisce per diventare sinonimo di “rottura”. E addestrare non dovrebbe significare spezzare il cuore ad esseri così sensibili.

85^ ADUNATA A.N.A. BOLZANO




Le nostre unità cinofile hanno partecipato alla sfilata  della 85^ Adunata dell'A.N.A. a Bolzano.
Tanta gente, tanti applausi, tanta emozione
 Breve video in http://www.ana.it/galleria/video/adunata-bolzano-2012-la-sfilata?currentPageG=7&currentPage=1&tipo=tg_video
al nr. 62 PROTEZIONE CIVILE 3 RGPT

martedì 1 maggio 2012

Relazioni


"Nel regno degli esseri viventi non esistono cose, ma solo relazioni"


Gregory Beateson


NO ALLO STRANGOLO

Riproponiamo quanto scritto da ASETRA qualche tempo addietro e che continuiamo a riaffermare sempre.


Un problema che ci prende per la gola!
  
COMUNICATO STAMPA

A.S.E.T.R.A. (Associazione di Studi Etologici e Tutela delle Relazioni con gli Animali) vuole segnalare l’esistenza di un problema misconosciuto ma concreto: quando si monta un collare a strangolo e si agisce strattonando, si ottiene lo scorrimento di un cappio che si stringe attorno al collo impedendo il passaggio dell’aria e sottoponendo il cane a disagio o a dolore, suscitando in lui un sentimento di paura e/o sofferenza. Non certo il tipo di emozione che vorremmo il nostro amico provasse quando prendiamo in mano il guinzaglio.
Poiché oggi sempre più spesso i proprietari si affidano a educatori cinofili o addestratori e molte sono le segnalazioni che riceviamo in proposito all’uso di metodi coercitivi o brutali, di cui il collare a strangolo è solo uno dei più diffusi, occorre allora che i proprietari stessi prendano coscienza di quello che viene fatto ai loro animali e che può danneggiarne non solo il fisico, ma anche e soprattutto l’equilibrio psichico.
È necessario rifiutare che vengano usati metodi e strumenti che possano recare dolore o spaventare gli animali. La violenza non è mai giustificata.

I proprietari potranno trovare ulteriori e più specifiche informazioni sul sito www.asetra.it  


I collari e il loro uso

Quando un proprietario entra in un negozio di articoli
per animali e guarda verso la parete dove sono 
esposti i collari, vedrà che la gran parte sono costituiti
 da un cordone, tessuto o cuoio, oppure una catena e, a ciascuna estremità, un anello. Questi collari possono essere poi collegati al guinzaglio legando i due anelli fra loro (il che formerà un cerchio di dimensione fissa) oppure formando uno scorsoio (che costituisce un cappio): agganciando il guinzaglio sul capo scorrevole si otterrà l’azione di “strangolo” o “strozzo” con cui la metodica viene chiamata riferendo all’evidenza che il collo dell’animale viene “strangolato”.

È diffuso malvezzo utilizzare i collari in questo modo, così se il cane tira o strattona viene strozzato, subendo disagio o dolore o sensazione di soffocamento, lo scopo è di farlo smettere di tirare. Non succederà. 




I danni del collare a strangolo



 
Riferimenti bibliografici:
1.Hallgreen A., 1992 " Spinal anomalies in dogs" ABCN 9 (3), 3-4


2. Miles,S. 1991 "Trainers and chokers. How dog trainers affect
behaviour problems in dogs" Veterinary Clinics of North America:Small
Animal Practice - Vol.21 n.2 March

I collari posizionati a strozzo sono stati usati sui cani per molti anni; sono così comuni che solo poche persone riflettono bene prima di usarli.
Potrebbero forse diventare meno comuni se la gente fosse consapevole del fatto che questi (oltre ad essere strumenti d’addestramento inefficaci) sono la causa di molti problemi fisici fra cui:
  • Lesioni ai vasi sanguigni dell’occhio
  • Danni a trachea ed esofago
  • Gravi traumatismi della colonna cervicale
  • Svenimenti
  • Paralisi temporanea delle zampe anteriori
  • Paralisi del nervo laringeo
  • Atassia degli arti posteriori
L’analisi dei danni causati dal collare a strozzo ha mostrato che alcuni cani presentavano una dislocazione  vertebrale mentre altri avevano subito danni permanenti ai nervi. Ancora, una condizione chiamata sindrome di Horner, talvolta causata da traumatismi del collo, provoca disturbi  agli occhi e paresi facciale.
I difensori del collare a strozzo spesso ne consigliano l’uso sui cani fin da giovane età. Al contrario proprio sugli animali giovani vi è un maggior rischio di lesioni gravi e permanenti. 


Si dimostra pertanto che tale metodica si rivela non solo controindicata ai fini dell’educazione del cane, ma concretamente pericolosa.
Ci sono molti addestratori che possono mostrare metodi  più efficaci e sicuri, metodi che non richiedono l’uso di forza o che non hanno il potenziale di causare dolore o danni fisici.



“Niente è peggio del rispetto basato sulla paura” (J.P. Sartre)